Tradizioni in trasformazione: l’evoluzione del guembri dalla musica gnawa alla composizione contemporanea
Il 13 ottobre 2024 ho avuto il piacere di presentare, in occasione della XXI Conferenza Internazionale di Analisi e Teoria Musicale al Conservatorio “G. Martucci” di Salerno, la mia ricerca intitolata “Tradizioni in trasformazione: l’evoluzione del guembri dalla musica gnawa alla composizione contemporanea”.
In questo intervento ho voluto raccontare come un antico strumento africano, il guembri, possa attraversare il tempo e i linguaggi, trasformandosi da simbolo rituale della tradizione Gnawa a protagonista di nuove esperienze sonore nella musica colta contemporanea.
Il guembri è lo strumento cardine della musica Gnawa, legata ai rituali di trance e di guarigione noti come Lila de derdeba. In questi contesti, musica, danza e spiritualità si intrecciano in un rito complesso dove il suono assume una funzione sacra, terapeutica e comunitaria. Mi ha sempre affascinato la dimensione sincretica di questa cultura, in cui si fondono elementi dell’Islam sufi, del culto degli antenati africani e delle tradizioni berbere.
L’etimologia stessa del termine “Gnawa” riflette questa pluralità: designa un popolo, una confraternita religiosa e al tempo stesso uno stile musicale che racchiude un’intera visione del mondo.
Dal punto di vista organologico, il guembri è uno strumento straordinario: un liuto a tre corde con cassa armonica in pelle, capace di agire contemporaneamente come cordofono, membranofono e idiofono. Il suo suono nasce da una gestualità unica, che combina pizzicato e percussione, e genera un ritmo pulsante e ipnotico, in grado di evocare lo stato di trance nei rituali tradizionali.
Nel corso del tempo, il guembri ha progressivamente superato i confini del sacro per entrare in contesti artistici e performativi moderni. Da strumento rituale è diventato veicolo di dialogo interculturale, trovando spazio nel jazz, nel blues e nella musica elettronica. Musicisti come Pharoah Sanders e Randy Weston ne hanno intuito la potenza espressiva, collaborando con maestri Gnawa in progetti che hanno unito Africa e Occidente.
Da questa fascinazione è nata la mia ricerca compositiva, che si è concretizzata in due brani: “Sérénité Sahara” e “America Forever”.
In Sérénité Sahara ho immaginato un viaggio onirico di Gabriel Fauré nel Marocco del 1912, appena divenuto protettorato francese. Ho rielaborato frammenti melodici e armonici tratti dalle sue opere (dal Requiem agli Improvvisi, fino alla Sicilienne), affidandoli a sintetizzatori e intrecciandoli al suono profondo e caldo del guembri. Lo strumento, con il suo timbro meditativo, diventa la voce del sogno e del deserto, ponte ideale tra memoria europea e spiritualità africana.
Dal punto di vista tecnico, ho scelto una notazione ispirata a Esplorazione del bianco I di Salvatore Sciarrino, per offrire all’esecutore maggiore libertà e fluidità temporale, quasi come in una lila notturna in cui il tempo si dilata e si sospende.
Il secondo lavoro, America Forever, nasce come prosecuzione naturale del primo. Ho voluto applicare un processo creativo simile alla musica di Giacomo Puccini, intrecciando campionamenti tratti dalle sue opere a registrazioni storiche della sua voce e del suo pianoforte.
In questo brano, il guembri non è più solo custode di una tradizione, ma strumento di sperimentazione: lo amplifico con diversi pick-up, utilizzo riverbero, delay e pitch shifting, e introduco anche l’archetto, per ampliare la tavolozza timbrica. Ne risulta un dialogo tra passato e futuro, tra il lirismo pucciniano e le sonorità arcaiche del Maghreb.
Queste due esperienze compositive mi hanno permesso di esplorare le possibilità espressive del guembri al di fuori dei contesti etnici, cercando un linguaggio che rispetti la sua identità ma ne riveli anche le potenzialità inedite.
Per me il guembri è diventato un ponte tra culture, uno strumento capace di mettere in comunicazione la tradizione Gnawa con la musica colta europea, l’Africa con l’Occidente, il sacro con il profano.
Credo che il futuro di questa ricerca risieda proprio qui: nell’approfondire i legami tra la musica Gnawa e i ritmi dell’Africa occidentale, nel comprendere le influenze storiche della diaspora africana e nel continuare a sperimentare nuove forme di scrittura e combinazioni timbriche.
Con questo lavoro ho voluto dimostrare che la tradizione non è mai un limite, ma una sorgente inesauribile di possibilità creative — e che ogni suono, anche il più antico, può ancora raccontare il presente.

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